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BIOGRAFIA
  - DICONO DI LUI / Lorenzo Baraldi
 
     
 
     
 
Lorenzo Baraldi  

Conversazione con
LORENZO BARALDI

 
 
     
  Con Ugo ho fatto sette film, tra cui "Romanzo popolare", "L'anatra all'arancia" e i primi due "Amici miei", film dove c'era veramente il grande Tognazzi. Era una persona generosa, eccezionale, in tutto, sia nei rapporti con le persone che in quelli professionali. Accettava cose che un altro attore della sua fama probabilmente avrebbe rifiutato, film con giovani registi, spettacoli teatrali all'estero, ruoli difficili. Era un attore molto coraggioso, non gli faceva paura niente. Per quanto riguarda i nostri rapporti personali, purtroppo sono stato coinvolto nella sua passione per la cucina. Dico purtroppo perché, insieme a Monicelli, a Noiret, a Celi, Moschin e altri, ho fatto da cavia ai suoi primi esperimenti culinari. Cominciò a cucinare poco prima del primo "Amici miei". E sul set del film avveniva regolarmente che ci invitasse tutti a cena. Con Monicelli, che è un regista molto preciso, si finiva di girare a metà pomeriggio. Ugo aveva tutto il tempo di fare la spesa. Poi si metteva ai fornelli e ci preparava piatti spesso molto discutibili. Mi ricordo ancora una minestra di porri, salatissima. Alla prima cucchiaiata tutti ci guardammo negli occhi, ma nessuno ebbe il coraggio di dire niente, perché Ugo se le prendeva moltissimo per le critiche. Non c'era niente da fare, la mangiammo tutta in silenzio. Con Monicelli intavolava discussioni infinite sulle sue preparazioni. Lui, cremonese, pieno di panne e burri, Monicelli toscano che tollerava al massimo un filo d'olio extravergine. Al secondo "Amici miei II" ci ritrovammo con gran parte del cast e della troupe. E ricominciò il rito delle cene. Stavolta però (erano passati alcuni anni) Ugo era diventato un cuoco eccezionale, e si fece ampiamente perdonare tutti gli esperimenti cui ci aveva sottoposto. Sì, era davvero straordinario. Una sua particolarità era di poter dormire ovunque. Intendo sul set. Era una cosa che faceva impazzire Monica Vitti, mentre facevano "L'anatra all'arancia". Si provava e lui, che certo non era uno che andava a letto presto se il giorno dopo doveva girare, si appisolava su qualsiasi cosa trovasse in scena, una poltrona, una sedia, un tavolo. Non importa cosa gli si agitasse intorno. Chiudeva gli occhi e istantaneamente dormiva, profondamente, anche per pochissimi minuti. Il regista lo chiamava ed era pronto a fare la sua parte, come fosse sempre stato sveglio. E magicamente era bravissimo.  
     
 
     
   
   
 
 
 
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